Gianluca Ingaramo, l’autore di Nocturna 24 – Storie dal buio parla di se alle penne di Over There.
Nuova intervista ad un autore emergente di Use – Book Love, Gianluca Ingaramo, peraltro amministratore del gruppo oltre che autore di Nocturna – Storie dal Buio, raccolta di horror.
Ciao Gianluca, così ami scrivere fantastico ed horror. Da cosa nasce la tua passione per la scrittura? C’è stato un momento in particolare in cui hai deciso di voler essere uno scrittore?
Ciao e grazie per lo spazio che mi concedete sul blog! La passione per la scrittura è nata tra i banchi di scuola e si è sviluppata nel periodo universitario: ho iniziato al liceo con una storia umoristica, poi sono passato subito all’horror e alla fantascienza, generi che da sempre ho prediletto anche nelle letture. Ho accantonato questa passione per un lungo periodo, anche per gli impegni lavorativi, rispolverandola di recente anche grazie ai passi avanti fatti dalla tecnologia. Dapprima, ho cercato di approfondire la tecnica studiando i manuali e iniziato a condividere alcuni racconti per la lettura gratuita sul portale di Meetale.
Invece non ho mai pensato di fare lo scrittore, sono giunto alla pubblicazione per una serie di circostanze, culminate in una proposta pervenuta dalla Montecovello: si trattava di un contratto free e l’ho accettata, mi sembrava una naturale evoluzione. Dopo questo primo lavoro, sono stato pubblicato come autore in due antologie collettive di Nero Press e nel frattempo ho partecipato ad alcuni progetti self. Ma neppure adesso credo di poter vivere di scrittura, resto convinto che farne una professione sarebbe impossibile, quindi tengo stretto il lavoro impiegatizio e dedico parte del tempo libero a questo hobby impegnativo.
Hai dei punti di riferimento, tipo autori famosi o simili, per la tua scrittura?
Più o meno gli autori che storicamente leggo. Stephen King perché rappresenta un pilastro del genere horror, Cody McFadyen perché sa usare in modo magistrale la prima persona in narrativa, e la lista potrebbe allungarsi nel considerare i vari capisaldi. Mi piace leggere i generi che scrivo, così come amo usare l’io narrante quando giudico che il racconto lo richieda, ma nei limiti del possibile preferisco evitare tributi più o meno volontari ad autori affermati. Trovo che i pericoli sarebbero quelli di una mancanza di originalità e di un confronto impietoso.
Credo che la scrittura debba essere un’espressione di creatività e cerco di seguire una via tutto sommato personale, nel mio caso lontana dall’horror più truce e sanguinolento e incentrata sugli aspetti psicologici dell’orrore, qui visto come esternazione di ansie e paure proprie di ciascuno di noi. Stesso discorso per i racconti fantascientifici, che si propongono come una rappresentazione distopica di alcune dissonanze già presenti nella società attuale.
Abbiamo letto che Nocturna è un’antologia di racconti e le intriganti motivazioni dietro la scelta di tale titolo: ti affascina molto la notte oppure ti spaventa? O forse entrambe le cose?
Il buio della notte crea una facile e immediata contrapposizione con la luce della ragione, si identifica nell’atavica paura dell’ignoto che ha tenuto in vita i nostri lontani progenitori e che i secoli della scienza si sono prodigati di negare. Di giorno risulta facile credere nella logica e nella ragionevolezza, ma al calare delle tenebre il fruscio di un cespuglio o un rumore alle proprie spalle possono ancora oggi assumere un significato ben diverso. Dunque sì, il buio mi spaventa, ma la volontà di esplorarlo indica che ne sono al contempo affascinato.
Qual é il racconto a cui sei più legato e invece quello che, ritornando indietro scriveresti in maniera diversa?
Il racconto che ha segnato un punto di svolta è stato “Ritratto di Signora”, il primo ad aver beneficiato di un editing più approfondito, che mi ha convinto a procedere per quella strada, rivedendo anche quelli scritti in precedenza. Posso rispondere che gli accordo la preferenza per quel motivo, ma essendo l’autore è difficile scegliere. La seconda parte della domanda è quella più insidiosa: in realtà dopo qualche tempo sono solito tornare a modificare i vecchi scritti, e ho avuto modo di lavorarci fin da prima di considerare l’idea di pubblicarli.
L’insieme rappresenta quanto sono stato capace di fare al momento in cui ho pubblicato l’antologia. Prima di andare in stampa, ho potuto sostituire un racconto che non era di mio gradimento: rivisto con tutta calma, “La Strada della Morte” che mi sembrava poco incisivo ora mi piace e in questa nuova versione è già pianificata la sua collocazione in un altro lavoro, quindi a distanza di tempo sono convinto della scelta intrapresa.
Da dove nasce la passione per l’horror?
Nasce da quella per la lettura e la cinematografia di genere. Credo costituisca l’espressione di una volontà di evasione dalla realtà, che raggiunge le vette più alte nel fantastico.
Non pensi che ultimamente abbiamo assistito a un surplus di storie con i vampiri come protagonisti? Che ne pensi in proposito? E soprattutto: sei per la vecchia scuola dei vampiri, per intenderci quella alla Bela Lugosi oppure per la nuova?
In effetti la figura del vampiro è ormai inflazionata, eppure presento due racconti sui vampiri. Sul successo di lavori come Twilight ho ben poco da pensare: non sono di mio gradimento, ma fanno presa sul pubblico. E di certo sono ben lontano dal successo di Stephenie Meyer per giudicare lei e chi ha deciso di cavalcarne l’onda proponendo prodotti similari, insomma il paranormal romance che negli ultimi anni ha riscosso un crescente successo.
I miei vampiri sono creature maledette, il doversi nutrire del sangue degli altri per sopravvivere può essere fonte di raccapriccio, oppure garantire una posizione di forza. Sono dei mostri e sono consapevoli della propria diversità dal resto del mondo: non sono romantici e non vivono storie d’amore, parola di cui non conoscono neppure il significato.
Quanta importanza ha l’arte per le tue storie visto che ben tre racconti vi fanno riferimento?
In alcuni casi ne costituisce il fondamento, essendo presente nel corpo di tre diversi titoli e richiamata nel finale di un altro. Comunque è vista nei suoi aspetti malati, come una fonte di ossessioni e di maledizioni più che una capacità di creare e di suscitare emozioni, in coerenza ai contenuti dell’antologia. Per inciso, quella che definisco la mia “serie sull’arte” è anche la parte che preferisco della mia produzione.
Potete trovare Nocturna in formato cartaceo e in formato ebook.
Intervista redatta da Simona Ingrassia e Silvia Azzaroli